L’enigma di Śiva

Nel pantheon hindū Śiva rappresenta la personificazione dell’Assoluto poiché non è strettamente connesso ad una particolare funzione, attività o ambito della natura. Non simboleggia solo un aspetto dell’Universo (il fuoco, il vento o la pioggia), ma li comprende tutti. Con un’infinità di atteggiamenti e di attività tra loro contrastanti, mostra un carattere ambivalente, contraddittorio ed enigmatico ed è per questo che può rappresentare in forma personalizzata la natura paradossale dell’Assoluto.

Śiva è allo stesso tempo benevolo e terrifico, creativo e distruttivo, attraente e repellente.

È pienezza e vuoto, luogo di stupore e mistero. Il suo austero ascetismo porta una luce sinistra, eppure dona anche saggezza e pace. È sfondo pacificato dell’esistenza e ritmo incalzante di distruzione.

La pienezza delle sue funzioni e degli aspetti tra loro conflittuali viene celebrata da cento e più nomi diversi. Ogni carattere menzionato è in noi.

Śiva è raffigurato nelle vesti dell’asceta dimorante nelle grotte, sui picchi montani, nei cimiteri: i capelli intrecciati, vestito con una pelle di animale, ricoperto di cenere, una serpe come cordone sacro, il teschio in mano. Così come nelle vesti dello splendido uomo, la luna sul capo, tra i capelli il divino fiume Gange. 

Tra quiete e movimento

Questo ciclo di seminari intende esplorare la natura ambivalente del dio attraverso il piacere suscitato dalla danza tra quiete e movimento.
La quiete è quello spazio di contemplazione da cui scaturisce la bellezza, luogo di incontro tra il mondo visibile e invisibile. L’atto di dimorare nel dio attraverso le pose scultoree.
Raccogliersi per assaporare con mente e cuore aperti le qualità di Śiva. Essere ed esprimere le sue qualità che infine non sono in niente diverse dalle nostre.

Il movimento è un consapevole assaporare lo spostamento del peso di un corpo che abita lo spazio. Porre l’accento su quello che avviene tra una posa e l’altra, negli interstizi che si stagliano tra un nome e l’altro. Si segue per lo più una dinamica lenta per privilegiare un risveglio dell’attenzione che porti ad una qualità meditativa, per sentire che ogni movimento termina nella quiete e dalla quieta nasce.
Ma il movimento da solo non basta: bisogna gustarlo nel suo fluire, lasciarlo libero, seguire il disegno invisibile che si va tracciando con le braccia e le mani, mantenendo fresca la capacità di sorprendersi.

Gli strumenti tecnici che vengono utilizzati appartengono alla tradizione coreutica e yogica indiana: la danza odissi, i chārī e lo yoga non duale del Kaśmīr. Quest’ultimo non tanto in riferimento ad una tecnicità, quanto per una familiare intimità con i princìpi al cuore di questa tradizione, quali l’utilizzo di un’anatomia immaginaria, l’ascolto delle sensazioni, la ricerca del vuoto spazioso e la tensione alla bellezza.

L’emozione: un ponte tra se stessi e il mondo

Dietro ogni posa di Śiva c’è un’emozione (bhāva) che possiamo sentire e sondare.
Nel Nāṭyaśāstra, l’antico trattato sul teatro, è stabilito che vi è una corrispondenza tra un’emozione e linee, curve, diagonali e spirali. Non si tratta quindi di sondare psicologicamente le proprie emozioni per esprimerle, quanto di trovare delle soluzioni concrete affinché il corpo possa realizzare internamente linee, curve, diagonali e spirali e proiettarle nello spazio esterno.

In questa visione, l’astratto e il concreto si muovono insieme: dalla concreta sensazione di ciò che avviene nel corpo, fiorisce un’emozione.
In questo spazio vibrante che è la posa scultorea, ogni micro unità della figura umana gioca il suo ruolo: gli occhi, il volto, il torso, gli arti e ogni gesto della mano suggeriscono uno stato emotivo interiore impersonale.
Poiché Śiva dimora con la stessa intensa neutralità in ogni situazione.

Suono e silenzio

Il lavoro del corpo si avvale tanto del silenzio quanto del suono. Incoraggiamo il corpo a lavorare intorno al silenzio per trovare il proprio tempo e scorgere l’intima relazione col soffio.
Ascoltiamo la recitazione cantata dei tanti nomi di Śiva nella resa di grandi voci della tradizione classica indiana per lasciar entrare la loro vibrazione fluire nella danza.

Foto: Maddalena Boero, Sara Varanese, Sushil Chikane, Kymri Wilt

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